mercoledì 30 luglio 2014

Un buon Pane ai cereali integrali e....


...... il "Chicco" si mette in mostra


Oggi siamo tutti alla ricerca di un Pane a lievitazione più naturale, più lenta, stiamo riscoprendo la gioia del produrlo con le nostre mani ma, un tempo, che appare molto lontano, questa era una necessità ed una consuetudine familiare nelle nostre case.

Si andava addirittura nei Forni comunali, si faceva un segno di distinzione sul nostro pane e si aspettava che arrivasse il nostro turno per l'infornata. Durante l'attesa si socializzava, anche scambiando un pezzo del nostro impasto affinché altri potessero panificare. 
  
A quei tempi c'era sicuramente tanta miseria ma i valori umani che l'hanno contraddistinta, indubbiamente adesso sono impossibili da replicare.
  
I ceti sociali si distinguevano anche dal colore del pane: crosta più dorata, mollica soffice e bianca, era prerogativa delle famiglie benestanti mentre invece se la crosta era più spessa, tendente al marrone bruciato e la mollica si presentava fittamente puntinata dalla crusca, era di uso quotidiano nelle famiglie contadine più povere, quelle che la pancia ai propri figli la riempivano anche con pane secco bagnato con poca acqua.
  
Oggi per presunti motivi dietetici e salutistici abbiamo riscoperto la valenza dell'usare cereali integrali, possibilmente biologici, proprio perché utilizzati in purezza, ed abbiamo riscoperto il Pane e la Pasta integrali e quindi ricchi di quella tanto ghettizzata "Crusca" e del dimenticato gusto del "Germe di Grano".
  

Il Pane integrale, da alimento di "scarto" è divenuto una prelibatezza gastronomica e simbolo, per giunta, di buona alimentazione, si tratta della parabola ascensionale dei cereali integrali, i cui benefici per la salute sono stati riscoperti abbastanza di recente.

Ed è proprio a forza di impoverire i cereali delle loro componenti "primitive", perché ingiustamente considerate "indigeste", che elementi importanti come la crusca ed il pregiato germe di grano hanno fatto sì che portassimo sulle nostre tavole, prodotti decisamente meno utili dal punto di vista nutrizionale.
  
A fronte di un minore apporto di fibre e nutrienti importanti come minerali e vitamine, i prodotti preparati con farine più raffinate contengono più o meno le stesse calorie dell'analogo integrale ma con un indice glicemico più elevato.
  
Occorre però precisare che mangiare sempre e soltanto cereali integrali non è propriamente corretto, essi infatti, contengono "acido fitico" una sostanza che ostacola l'assorbimento del ferro dagli altri alimenti. Sarebbe quindi più opportuno e salutare alternare i prodotti integrali con gli equivalenti raffinati. 

Per ridurre gli effetti conseguenziali dell'acido fitico può venire in nostro aiuto, almeno per quanto riguarda la panificazione, l'utilizzo del lievito naturale, infatti l'acità dell'impasto distrugge queste sostanze. 
  
Ed ora, in modo semplice, parliamo un po' del modesto "Chicco" da cui scaturiscono cose straordinarie. 


Nel chicco di frumento o cariosside si possono individuare tre parti principali:
- all'esterno si ha un involucro che funge da membrana protettrice e rappresenta la sezione fibrosa, detta "crusca", che racchiude una discreta quantità di vitamine e sostanza minerali. Non è del tutto digeribile perché il nostro corpo non è in grado di trasformarla completamente o di assorbirla, ha però un ruolo importante nel trasporto delle sostanze nutritive.
- l'85% del chicco di frumento è costituito dall'endosperma che è carente di sali minerali e vitamine ma ricco di amido e di proteine dal quale impasto si forma il "glutine", una sostanza capace di trattenere sino al 200% in peso di acqua e che consente alle proteine, nel caso di impasto della farina,  di trattenere l'acqua e donare alla massa elasticità.
- il rimanente 2,5% circa è costituito dal "germe". Il nucleo dal quale trarrà origine la nuova pianta e che contiene molti enzimi, due importanti proteine, sali minerali e vitamine ed un olio molto ricco di vitamine E.

Vi rendete conto quanto può essere salutare e prezioso un modesto "Chicco", in questo caso di frumento?


Ed allora oggi, se vi va, provate a prendere in considerazione questo Pane di cui vi lascio la ricetta, qui a casa del "Chicco" si prepara molto spesso perché il suo gusto è straordinariamente complesso, di lunga durata grazie alla lievitazione naturale ed ottimo con qualsiasi abbinamento gastronomico ed in qualsiasi momento, nell'arco della giornata.

FILONCINO E NOCINI
con farine da
Frumento - Farro - Segale



Impasto di tipo diretto

Ingredienti per due filoncini da circa 450 g. ciascuno - oppure 1 filoncino da 400 g. e 10 nocini da circa 50 g. ciascuno:

- g. 250 di farina di frumento integrale macinata a pietra 
- g. 100 di farina di segale integrale macinata a pietra
- g. 150 di farina di farro integrale macinata a pietra
- g. 290 di acqua 
- g.   50 di lievito naturale da farina di forza di Tipo "0" idratato al 100%   
- g.     3 di lievito compresso (solo se desiderate accelerare un po' la lievitazione)
- g.     5 di zucchero di canna grezzo
- g.   15 di olio extra vergine di oliva
- g.   10 di latte scremato in polvere
- g.   10 di sale 
- g.   30 di semi di girasole
- g.   35 di semi di lino
-      q.b. di fiocchi d'avena 


Temperatura finale:
24-25° C in estate    ----   26-28* C in inverno


Nella ciotola dell'impastatrice (o in una normale ciotola per l'impasto manuale) versate tutte le farine, i semi di girasole e di lino e  miscelatele con l'aiuto di una frusta, unite lo zucchero di canna, e 250 g. di acqua presi dal totale, nei quali avrete sciolto il latte scremato in polvere. Miscelate poco sino ad ottenere un composto grezzo e grossolano. Effettuate un'autolisi di 30 minuti coprendo la ciotola con un canovaccio umido.

Che cosa è l'autolisi? 
- è una tecnica, che dona all’impasto una particolare estensibilità, ma nello stesso tempo migliora l’elasticità e il grado d’assorbimento dell’acqua. I tempi d’impasto si riducono e l’impasto risulta particolarmente liscio. 
Questa tecnica è particolarmente utile per la panificazione con il lievito naturale (date le caratteristiche dell’impasto, che risulta sempre un po’ più “nervoso”, meno liscio rispetto a quello a base di lievito compresso, a causa dell’acidità contenuta; caratteristica questa, ancora più marcata se il lievito naturale è più forte o più acido del dovuto), oppure quando si utilizzano farine molto resistenti.
La tecnica dell’autolisi conferisce al prodotto finale un sapore caratteristico, un ottimo sviluppo e una più lunga shelf-life.

Decorsi i trenta minuti aggiungete al composto il lievito naturale, il lievito compresso se avete intenzione di accorciare i tempi di lievitazione, e 20 g. dell'acqua residua ed iniziate ad impastare. Quando il composto avrà assorbito l'acqua aggiungete il sale e continuate la lavorazione.

Unite gli ultimi 20 g. di acqua ed una volta che anche questi sono stati assorbiti unite l'olio extra vergine di oliva. Il composto risulterà morbido e non appiccicoso, rovesciatelo sulla spianatoia ed impastatelo delicatamente con le mani sino a quando la sua superficie risulterà più liscia e più in tensione.

A questo punto mettete l'impasto con la chiusura sotto, in una ciotola leggermente infarinata, coprite con un canovaccio umido e fate puntare per 1 ora e 30 minuti ad una temperatura di 26° C, se avrete utilizzato soltanto il lievito naturale; se invece avrete aggiunto anche il lievito compresso saranno sufficienti, alla stessa temperatura di lievitazione, soltanto 40 minuti.


Adesso dividete l'impasto nelle pezzature da voi scelte, personalmente di solito faccio così:

- divido il composto in una porzione da 400 g. ed una da circa 500 g, le arrotondo lasciandole riposare coperte sull'asse di lavoro per 15 minuti, decorsi i quali, modello la pezzatura più piccola  in un filoncino ben affusolato e non troppo stretto. 
Spennello quindi la parte superiore con acqua e lo faccio rotolare nei fiocchi d'avena, a quel punto è pronto per essere posizionato con la chiusura sotto, direttamente sulla teglia rivestita di carta da forno, copro con pellicola alimentare e faccio lievitare sino al raddoppio.


- per la porzione più grande, conferisco una forma a filoncino senza però affusolare le due estremità e la posiziono sull'asse ben infarinato con la chiusura in alto, copro con pellicola alimentare e faccio lievitare per circa un'ora direttamente sull'asse.
A quel punto con la spatola di metallo, divido in 10 pezzi dal taglio irregolare (come da foto) creando quelli che qui a Prato vengono chiamati "Nocini" e li posiziono mettendoli con la chiusura sotto, su teglia con carta da forno, copro nuovamente con pellicola e faccio ultimare la lievitazione.

A lievitazione ultimata, incidete a vostro piacimento il pane e i nocini ed infornate con poco vapore iniziale ad una temperatura di 210° C e proseguite la cottura per 25-30 minuti per quanto riguarda il filoncino, mentre per i nocini occorreranno circa 15 - 18 minuti.
Verificate comunque la loro cottura come di consueto.

Una volta cotti, toglieteli dalla teglia e posizionateli sulla griglia del forno spento e messo in fessura, fino al loro totale raffreddamento.

Sono certa che i nocini andranno a ruba sulle vostre tavole, specialmente con i bambini, sono veramente gustosi e croccanti nel loro piccolo formato e vi piaceranno così tanto che sarete costretti a farli spesso.



Il filmato che segue e che vorrei che vedeste, sta spopolando nel Web ed il "Chicco" se ne è innamorato. 

Guardate quello sguardo assente da automa, tristemente consapevole delle menzogne scaturite da campagne pubblicitarie martellanti.

Tuttavia le lobby agroalimentari e i "Potenti" del mondo intero non sono state in grado di annichilire neppure l'anima di un fantoccio scaccia corvi. 
Ebbene, quello sguardo dicevo, descrive l'atteggiamento superficiale con il quale molte volte noi acquistiamo i nostri prodotti alimentari.

Facciamo come lui ed esigiamo che ci venga corrisposto quanto di più semplice e più sano e che sia frutto soltanto del naturale ciclo vitale della terra. 
Vogliamoci del bene, scegliamo per noi il meglio e non andiamo a cercarlo chissà dove.....







Un saluto e a presto dal "Chicco"

inviato a: yeastspotting


mercoledì 23 luglio 2014

La Crostata alle Mele del Maestro Giovanni Bellini


di una bontà e semplicità davvero

DISARMANTI


Conoscere il Maestro Giovanni Bellini è stata una duplice e positiva esperienza, sia professionale che umana.
Di una timidezza e riservatezza unici, come la sua grande gentilezza nel porsi agli altri, specialmente quando racconta scorci del suo vissuto e della sua famiglia.

Il Pasticciere Giovanni Bellini, ho avuto il piacere di conoscerlo ad uno dei tanti corsi ai quali negli anni ho avuto la fortuna di poter presenziare.

Il sentirsi, con merito, chiamare Maestro lo ha sempre imbarazzato e voleva che lo chiamassimo per nome. 
Ma ditemi voi come si può non chiamare Maestro uno che della sua intera vita, ne ha passata tre quarti in laboratorio a far pasticceria.


La sua azienda la "Biscotteria di' Fochi" di Carmignano - Prato (vi lascio il link per informarvi e farvi ingolosire http://www.daifochi.it)è molto conosciuta grazie alla straordinaria qualità dei prodotti venduti, perché lui, ad esempio nei suoi famosi biscotti alle mandorle, ottiene quel giallo dorato che li colora, utilizzando tanti tuorli, di quelli veri e freschi e non in polvere.

Le sue prelibatezze, non sono frutto di calcoli matematici sulle grammature o sulle percentuali di un ingrediente piuttosto che un altro ma, nascono dal contributo umano e lavorativo apportato negli anni alle loro ricette, da tre generazioni di Bellini: e a me sinceramente, questa non sembra una cosa sulla quale sorvolare.


La variegata scelta offerta nella loro produzione giornaliera e stagionale, il prevalente utilizzo di prodotti che valorizzano in pieno il territorio, la ineccepibile qualità dei prodotti stessi e la semplicità con la quale vengono lavorati, fanno sì che tutti i prodotti del Biscottificio, e sono tanti, valgano la pena di farvi fare un viaggio in quel di Carmignano per assaggiarli.

Vi elenco alcune delle cose che lui produce nel suo Biscottificio coadiuvato dallo straordinario aiuto dei suoi collaboratori:

gli Amaretti Di' Fochi fatti con mandorle dolci e amare tostate, sfarinate e impastate con chiara d'uovo, i Biscotti alle mandorle tanto rinomati,  il Coccodrillo una torta di pasta frolla dalla forma allungata farcita di crema e profumata di Marsala, il Pan di Ramerino della più autentica tradizione (sublime), la Schiacciata con l'uva quando è tempo di vendemmia, il Croccantino ai Pinoli, pasticcino raffinatissimo, le Borsine ripiene fatte di pasta sfoglia, i Passerotti al Rhumle Pesche di Prato (ve le ricordate?), la Torta Bernardona, una sorta di mantovana arricchita di pinoli, uva sultanina e mele (ottima anche quella che ci ha fatto degustare al corso nella versione integrale arricchita da frutta esotica candita), la Torta Fedora, un classico intramontabile eseguito in modo straordinario, etc.


Ce ne sono ancora altri, ma termino qui perché il solo parlarne mi fa venir voglia di aprire il quaderno dove ho trascritto i suoi insegnamenti e mettermi subito al lavoro per riassaggiare una di queste delizie.

Nel suo Biscottificio sarete accolti dal Maestro Bellini con grande semplicità e tanto calore, perché lui dei suoi clienti ha un grande rispetto, che mette nella straordinaria qualità dei suoi prodotti quanto nella gentilezza che ha nel descriverli.

Per me tutto questo è molto importante e ne ho la conferma tutte le volte che passo dal suo Biscottificio, anche solo per un saluto, perché lui si dimostra tanto felice anche di questo.

E così per far felici anche voi, e stimolarvi ad accendere il forno nonostante il caldo, vi lascio la sua ricetta di questa torta, che ai molti appassionati della nobile arte della Pasticceria, potrà sembrare persino banale nella sua semplicità, ma vi garantisco che come la fa lui è semplicemente e deliziosamente strepitosa.

E poi, credetemi se vi dico che il risultato di una ricetta non è soltanto dovuto da una sequenza di proporzioni di ingredienti ma bensì da un mix di tanti fattori:  l'utilizzo di materie prime di ineccepibile qualità, esperienza pluridecennale ed una grande passione per il proprio lavoro. 

Tutto questo, sapientemente miscelato, ci permette di far sì che un prodotto semplice possa divenire un prodotto magnifico.

Il mio doveroso Grazie al Maestro Giovanni Bellini per avermi fatto conoscere tutti i suoi magnifici prodotti, per avermi insegnato, in merito agli stessi, tante cose preziose e per avermi fatto gustare in sua compagnia, le sue insuperabili ricette.


LA CROSTATA ALLE MELE
del Maestro
GIOVANNI BELLINI


Durante le sue lezioni, noi allievi, abbiamo ricevuto dal Maestro dosi che non sono propriamente di uso casalingo e quindi per semplicità le ho ridotte riportandole a quanto segue: 

Ingredienti per 1 crostata del diametro di cm. 24 
oppure per 8 crostatine del diametro di cm. 10

La sua Pasta Frolla:
- g. 330 di farina di grano tenero di Tipo Debole
- g. 160 di zucchero semolato
- g. 150 di burro (per me CORMAN)
- n. 1 tuorlo 
- n. 1 uovo intero 
- un pizzico di sale
- una punta di cucchiaino di Baking (io 2 g.)
- una mia aggiunta: un cucchiaino di estratto di vaniglia

Per il ripieno:
- n. 3 - 4 mele di tipo Golden di taglia media
- q.b. di zucchero semolato 


Per la frolla, come la esegue lui: in una ciotola lavorate il burro con lo zucchero senza montare, unitevi il tuorlo e l'uovo leggermente sbattuti insieme al sale, (io ho aggiunto anche l'estratto di vaniglia), per ultima la farina precedentemente setacciata con il Baking.

Formate velocemente con il composto ottenuto una palla, posizionatela su un foglio di carta da forno, appiattitela con il palmo della mano sino ad ottenere uno spessore di 3 cm, incartatela bene affinché non si secchi e posizionatela in frigorifero giusto il tempo di pulire e preparare le mele.

Per l'umile farcia: lavate e sbucciate le mele, detorsolatele e dividetele in tanti spicchi. Nella sua torta il Maestro divide ogni mela in 8 spicchi di uguale spessore che poi posiziona in cerchi concentrici sulla pasta frolla, debitamente stesa all'interno della teglia. Cercate di effettuare una distribuzione omogenea e decorativa delle mele.

Una volta proceduto alla preparazione delle mele, estraete dal frigorifero la pasta frolla e con l'ausilio di un "leggero" spolvero di farina, stendetela ad uno spessore di 5 mm. 

Adesso aiutandovi con il matterello posizionatela all'interno dello stampo da voi scelto, precedentemente imburrato e infarinato, facendo in modo che la pasta salga anche ai lati dello stampo stesso, ne eliminerete successivamente l'eccesso presente.



Distribuite in modo armonioso le fette di mela e con l'aiuto di un coltello eliminate la pasta che eccede dallo stampo e ripiegate quella rimasta verso l'interno, vicino alle mele, creando un cordone che decorerete a vostro piacimento. 
E adesso armati di un cucchiaio spolverate le mele con poco zucchero semolato, se utilizzerete le mele Golden, non eccedete.
Posizionate la teglia a metà altezza nel forno, già caldo ad una temperatura di 180° C per un tempo di cottura di circa 30-40 minuti per la torta grande, se optate per quelle più piccole ci vorranno circa 18-20 minuti.

Vale sempre la regola che ognuno di voi conosce bene il proprio forno ed in questo caso, ricordate che la frolla appena uscita dal forno può sembrare poco cotta ma raffreddandosi tende ad indurire. 

Quando la crostata sarà cotta toglietela dal forno ed attendete una decina di minuti prima di estrarla dalla teglia, posizionatela quindi su di una griglia per il suo raffreddamento. 

Vi consiglio di gustarla, come tutte le torte a base di pasta frolla, almeno dopo qualche ora dalla sua cottura.

"Nota: personalmente, ho eseguito molte volte questa crostata nella versione più grande ma, trovo che sia semplicemente deliziosa nella versione piccola e monoporzione. In questo caso è opportuno affettare sottilmente le mele affinché i tempi di cottura delle stesse e quelli della frolla sottostante, possano combaciare per poter garantire un risultato finale impeccabile.

Come molti di voi ben sanno, per ottenere un buon risultato con la pasta frolla, non sono  indispensabili soltanto i dovuti ed opportuni bilanciamenti degli ingredienti che la compongono (in funzione della tipologia di prodotto che si desidera ottenere alla degustazione e lavoro finito) ma, occorre bensì che la sua cottura sia corretta al fine di esprimere il massimo della fragranza del prodotto stesso.

Occorre tenere presente che la scelta dello spessore della pasta e le temperature del forno cambiano drasticamente il gusto del prodotto. Le paste sablée, per esempio, esigono temperature che variano dai 150 ai 210° C, in questo modo si ottiene una loro caramellizzazione omogenea e croccante."


La semplicità

La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.
E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri.
Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili,
di finire alla mercè di chi ci sta di fronte.
Non ci esponiamo mai.
Perché ci manca la forza di essere uomini,
quella che ci fa accettare i nostri limiti,
che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, 
in forza appunto.

Io amo la semplicità che si accompagna con l'umiltà.
Mi piacciono i barboni.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle,
sentire gli odori delle cose,
catturarne l'anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perché lì c'è verità, lì c'è dolcezza, lì c'è sensibilità, lì c'è ancora amore.

Alda Merini



Un mio personale ed affettuoso saluto al 

Maestro Giovanni Bellini

 ed un arrivederci a presto a tutti voi
 dal "Chicco"


mercoledì 16 luglio 2014

L'antica Schiacciata di Zibibbo ed una storia importante



C'ERA UNA VOLTA.....







Quella di cui voglio parlarvi è la storia di una famiglia di Vaiano, in provincia di Prato, che da tanti anni, di generazione in generazione, dal 1919 si tramanda di padre in figlio la passione per un mestiere antico, quella di Mugnaio.





E' la storia del "MOLINO BARDAZZI" e di una straordinaria famiglia che ha creduto e costruito nel tempo, con il loro instancabile impegno, una realtà lavorativa fatta soprattutto di un'attenta ricerca della qualità, grande conoscenza del sistema produttivo e del vasto mondo delle farine, e dal grande desiderio di divulgare anche alle nuove generazioni i valori umani e lavorativi di un tempo: quelli in cui fare il Mugnaio aveva una valenza nella propria comunità ed era un'importante priorità e necessità.







E' la storia di Marco Bardazzi, coadiuvato nel lavoro dall'insostituibile e prezioso aiuto di suo padre Gaetano e della sua famiglia, il quale ha ricevuto in dono dal nonno Ciro l'amore per un lavoro che non sono in molti a voler fare.




Un lavoro che suo nonno, anche se molto anziano e con la stanchezza che gravava sul suo fisico, si ostinava a voler seguire personalmente facendo visita quotidianamente al suo Molino, nonostante fosse costretto a salire le scale che lo portavano ai piani superiori, anche carponi.


Perché quel pavimento e quelle scale di legno consunte dal tempo, quel rumore dato dai macchinari, dai laminatoi e dalla macina a pietra che continuava a girare, quell'aria intrisa dall'odore di paglia e grano maturo, erano la sua vita.





Oggi, grazie anche alla grande passione di suo nipote, continuano ad essere presenti per la gioia di chi come me, pensa innanzitutto alla fiducia che è giusto riporre in persone che svolgono un lavoro prezioso, attento e di grande qualità come quello del Mugnaio.

Sentir parlare Marco Bardazzi e suo padre del loro lavoro è sempre una grande gioia e l'enfasi con la quale raccontano lo scandire delle loro giornate al Molino è semplicemente entusiasmante. L'attenzione per tutte quelle verifiche qualitative che occorre effettuare per garantire sempre un prodotto di eccellente qualità, fa si che i loro si possano considerare dei veri e propri prodotti di nicchia.

Per loro, dice Marco Bardazzi, la qualità del prodotto finito sta nella qualità della materia prima di partenza, lavorata con cura e sapienza per garantire ai propri clienti farine naturali al 100%.



Per le loro farine macinano i migliori grani teneri 100% italiani provenienti dall'Emilia Romagna e ne ottengono straordinarie farine "00" "0" "1" e "integrale macinata a pietra" e usano i migliori grani Canadesi e Americani per la loro farina di forza "0 Manitoba".


Sono produttori esclusivi della pregiata farina "GranPrato "ottenuta dai grani della filiera corta cerealicola pratese.




Perché signori cari, qui non si parla solo di farina, intesa come sacchetto che contiene chissà che cosa, qui stiamo parlando della ricerca di un prodotto che parlasse a tutti, e nella fattispecie nella Provincia di Prato, di una realtà agricola e imprenditoriale che ha sudato sette camicie per realizzare un progetto importante quale è il "GranPrato".

Mi farebbe piacere (e vi rimando al link della provincia di Prato http://www.provincia.prato.itche leggeste con attenzione quanto riportato, per approfondire un argomento che io reputo molto importante.
Perché in Italia ci sono ancora mugnai, agricoltori, panificatori e pasticceri seri che credono nel valore aggiunto che si ha nell'utilizzare prodotti di qualità, ottenuti da coloro che seguono passo passo il ciclo produttivo e che riescono a far sì che sulle nostre tavole ci possa essere la garanzia di trovare prodotti di indubbio pregio, giustamente pagati da noi potenziali acquirenti e giustamente retribuiti a chi svolge un lavoro così faticoso e sempre più spesso mal compensato.

Trascrivo qui di seguito un breve passo dell'intervista che Marco Bardazzi ha rilasciato in merito al conseguimento di un importante Bollino realizzato con il contributo della Provincia e che certifica il prodotto "GranPrato":

"Un passo avanti ulteriore che completa l'identità e la riconoscibilità di questo prodotto - spiega Marco Bardazzi dell'omonimo Mulino - Il bollino servirà a garantire al consumatore la qualità e l'unicità del prodotto e darà al progetto un ulteriore strumento di monitoraggio della diffusione".

Nato nel 2011 il GranPrato, è un progetto di filiera cerealicola corta per la produzione e commercializzazione di farina, pane e derivati da grano coltivato nel territorio di Prato, il cui obbiettivo ambizioso era quello di valorizzare l'economia locale e le sue eccellenze facendolo nel pieno rispetto dell'ambiente e garantendo ai produttori un compenso equo.

Il "patto di filiera" stilato tra i produttori è ferreo ed obbliga i membri al rispetto dei disciplinari prestabiliti sia nella coltivazione che nella panificazione i quali impongono la riduzione di prodotti chimici e quindi un orientamento al biologico, il mantenimento delle caratteristiche del grano originario nonché la promozione dell'utilizzo di lievitazioni di tipo naturale con l'ausilio di lieviti madre.

Allora ditemi voi se, a ragion veduta, non ho il diritto di essere orgogliosa nel dichiarare che io questa farina la utilizzo da tanto, per tutto quello che, tipicamente toscano o no, finisce sulla mia tavola, perché quando lo faccio, a parte la certezza sulla indubbia qualità organolettica delle farine del Molino Bardazzi, so di ricordare e motivare l'orgoglio e la serietà di una famiglia che tanto ha dato e dà alla nostra comunità in termini di serietà, qualità e impegno.

E quindi, gentile Famiglia Bardazzi, per ringraziarvi, oggi voglio lasciare a tutti quelli che passeranno dal "Chicco" la ricetta di un lievitato che ormai nessuno fa più da tanto tempo, ma che rientra nella ristretta cerchia di quei prodotti che sanno di storie d'altri tempi, un po' come la vostra, da eseguirsi con la vostra farina "GranPrato", e per attenermi al "Patto di Filiera" la proporrò nella versione a lenta lievitazione naturale.

Un grazie di cuore dal "Chicco" per il vostro grande impegno, per la vostra serietà e per la straordinaria qualità delle vostre farine.

Ed ora la ricetta in questione:


La Schiacciata di Zibibbo
  
a lievitazione naturale


Ingredienti per un teglia della misura 30 x 40 cm.

- g. 350 di farina di grano tenero Tipo "0" GranPrato
- g. 100  di lievito naturale idratato al 50%   (*)
- g. 150 di acqua a temperatura ambiente
- g.   50 di uovo intero
- g.   80 di zucchero semolato
- g.   70 di olio extra vergine di oliva 
- g.   50 di strutto (non sostituite con burro o margarine)
- g.     6 di sale
- n.     1 rametto di rosmarino accuratamente lavato e tritato
- g. 250 di Zibibbo, ammollato per 12 ore e quindi asciugato bene

(*) Nota informativa: per chi non avesse i 100 g. di lievito naturale previsti nella ricetta, consiglio la preparazione di una Biga di 12 ore preparata con 65 g. di farina W330, 34 g. di acqua ed 1 g. di lievito compresso. Decorso il tempo di riposo della Biga, nell'impasto finale oltre ad essa dovrete aggiungere ulteriori 3 g. di lievito compresso. I tempi di lievitazione non cambieranno di molto dal momento che il prodotto è abbastanza ricco in zuccheri e grassi. Vale comunque la regola della verifica visiva  del raddoppio del volume.

Preparazione:
Prima di tutto prendete in 70 g. di olio extra vergine d'oliva, metteteli in un pentolino con tutto il rosmarino tritato e poneteli sul fuoco solo per il tempo necessario a scaldare il tutto. Toglietelo quindi dal fuoco e fatelo raffreddare.

Inserite nell'impastatrice il lievito naturale spezzettato a mano, l'acqua nella quale avrete sciolto 10 g. di zucchero e l'uovo leggermente sbattuto. 
Quando si sarà creata una sorta di crema unite tutta la farina. e quando quest'ultima avrà assorbito tutto il liquido inserite altri 40 g. di zucchero semolato.

Lavorate cercando di creare un impasto omogeneo, inserite quindi il sale e dopo qualche minuto versate la metà dell'olio aromatizzato con il rosmarino, versandolo a filo.
Non abbiate paura, con una lavorazione lenta l'impasto non si surriscalderà ed in poco tempo la qualità straordinaria della farina avrà assorbito tutto l'olio.

Quando vi ritroverete l'impasto attaccato al gancio dell'impastatrice, inserite lo strutto  in tre volte. Portate quindi a completamento la lavorazione verificando che l'impasto abbia una consistenza soffice ma al contempo morbida, vista l'elevata quantità di liquidi, zuccheri (che sono in parte altri liquidi) e materia grassa.

Fatelo riposare all'interno della ciotola, coprendo con un canovaccio, per 30 minuti, decorsi i quali rovesciate il composto sul tavolo da lavoro leggermente spolverato di farina, allargatelo delicatamente sino a creare un quadrato di 30 cm. di lato e distribuitevi sopra lo Zibibbo. Arrotolate il tutto ed impastate leggermente per consentire allo Zibibbo di inserirsi in modo uniforme nell'impasto.



A questo punto riposizionate il composto nella ciotola, copritelo con un canovaccio e fatelo lievitare sino al raddoppio ad una temperatura di 26° C.

Predisponete quindi la teglia rivestendola di carta da forno, spolveratela di poca farina e rovesciatevi sopra l'impasto, con cautela cercando di non sgonfiarlo e con la stessa delicatezza allargatelo all'interno della teglia stessa aiutandovi con i polpastrelli. Fate in modo che lo spessore del prodotto sia uniforme, ci guadagnerete in fase di cottura.



Distribuitevi sopra l'olio aromatizzato che vi è rimasto e con le mani distribuitelo in modo omogeneo, cospargete quindi tutta la schiacciata con i restanti 30 g. di zucchero semolato.



Introducete quindi in forno (non ventilato) e cuocete ad una temperatura di 200° C per circa 30 minuti. Se notate che dovesse scurire troppo, copritela con stagnola sino al termine della cottura.

A cottura ultimata, estraetela dal forno e dopo 5 minuti posizionatela su una griglia  a raffreddare.


Ai molti che non conoscevano questa schiacciata, racconto soltanto che la sua origine è molto antica, ormai praticamente scomparsa; sono pochi gli scritti che ne riportano la sua passata esistenza e che ne raccontano la sua straordinaria bontà.

Era considerato un pane dolce da preparare per le feste nelle campagne, ingetilito, per chi poteva, da buon olio extra vergine d'oliva, saporito strutto, zucchero poco perché prerogativa delle famiglie benestanti, ed uva seccata sui cannicciati per averla disponibile durante l'inverno.

Il "Chicco" ha avuto il privilegio di assaggiarla a Firenze molti anni fa e da allora ha provato tante volte a riprodurla, ma questa volta il risultato è andato oltre ogni più rosea aspettativa.

La straordinaria qualità panificatoria della farina GranPrato unitamente alla complessità di aromi scaturiti dalla lievitazione lenta e naturale, hanno fatto sì che alla sua degustazione, più che ad una schiacciata assomigliasse ad una brioche stesa in teglia.

Crosticina sottile e lievemente croccante per via dello zucchero, leggerissimo sentore di rosmarino ed una naturale ed appagante dolcezza conferita dallo Zibibbo.

E' un vero peccato che questo eccellente prodotto non possa fieramente troneggiare nelle luccicanti vetrine di una Pasticceria o di una Panetteria, ma per il momento possiamo soltanto sperare che qualcuno,  preso da un po' di sana nostalgia, ci ripensi e per la gioia dei propri clienti non ricominci a riprodurla.
 


Il "Chicco" insieme al "Molino Bardazzi"
augura tutti voi una buona giornata.


inviato a: yeastspotting